Le donne celtiche di alto rango curavano molto il loro aspetto. Il volto era pallido per mostrare che non lavoravano sotto al sole. Guance e labbra venivano rese più rosse con succo di bacche, e gli occhi erano truccati con l’ombretto. Ci sono anche alcuni riferimenti a una tintura rossa per le unghie delle mani. Le donne della magna grecia usavano fare al mattino un bagno alla lavanda, per poi dedicarsi ad una vera e propria cosmesi del corpo, il quale veniva poi massaggiato con oli e unguenti profumati. Il cosmetico più diffuso era indubbiamente la biacca che dava alla pelle un colore bianco. Anche i capelli avevano la loro importanza, ne sono testimonianza le numerose rappresentazioni giunteci della classica acconciatura “a pieghe”, inoltre, era assai frequente la colorazione dei capelli specialmente in biondo.\n\n\n\nIl “fondotinta” pallido quindi era una regolarità nelle donne dell’ Antico che utilizzavano biacca, farine e gesso. Molto interessante per capire come le donne del mondo Antico si truccassero è l’articolo di Cinzia dal Mas che riporto qui sotto:\n\n”Emancipata e disinvolta, la donna etrusca aveva grande cura della propria persona: non solo amava scegliere preziose stoffe per vestirsi con eleganza, ma sapeva truccarsi con sapienza per rendersi più piacevole o per correggere i primi segni del passare del tempo.\n\nLe armi della seduzione femminile erano unguenti, profumi, matite per gli occhi. Come per le contemporanee donne greche, gli ombretti erano polveri colorate o sostanze grassi cui venivano aggiunti coloranti minerali o vegetali. Sembra che i colori più ricercati fossero il rosa cenere di petali di rosa e il giallo zafferano. Il rosso acceso che vediamo sulle labbra della truccatissima danzatrice della Tomba dei Giocolieri di Tarquinia si otteneva con la terra detta “milton”. Molto usata era la polvere di malachite per il trucco degli occhi, distribuita senza parsimonia sulle palpebre, per dar loro un bel verde intenso e rendere lo sguardo intrigante. In una tomba della necropoli del Crocefisso del Tufo, presso Orvieto, sono stati rinvenuti due balsamari di cui è stato possibile analizzare il contenuto: in uno c’era una sorta di fondotinta da stendere sul viso, composto da argilla, terra d’ocra e talco per ottenere un effetto luminescente, il tutto ben amalgamato con una piccola quantità di grasso animale. Nell’altro c’era invece del nero fumo preparato con carbone d’ossa, usato per sottolineare ciglia e sopracciglia. Particolarmente ricercati erano i contenitori di unguenti e profumi, realizzati in avorio, oro o ceramica, sempre finemente lavorati. In Grecia, per la precisione a Corinto, erano state studiate fin dal VII secolo a.C. le forme più idonee a contenere i cosmetici. Per i profumi c’erano gli “aryballoi”, vasetti panciuti, gli “askoi” di varie forme, anche animali, per contenere profumi, gli “alabastra” lunghi e slanciati, ma con il labbro slargato per lasciar cadere il profumo goccia a goccia ed eleganti “lekhytoi”. Gli etruschi furono i più grandi importatori di essenze e profumi. Già dal VII secolo a.C. i più ricercati erano quelli citati nel Cantico dei cantici di Salomone: cipro, nardo, zafferano, cannella, cinnamomo, mirra e aloe, cui si aggiunsero hennè, behen e incenso. dal V sec. a.C. fecero il loro ingresso sandalo, noce, moscata, benzoino e costus. i profumi di origine animale, come il castoro, il muschio e lo zibetto, venivano adoperati anche come afrodisiaci. Quando i marinai della flotta di Alessandro Magno, nel IV secolo a.C., scoprirono e diffusero in tutti i paesi del Mediterraneo l’ambra grigia, questa divenne l’essenza più ricercata, ma anche la più cara. Gli etruschi, però, apprezzavano pure profumi più a buon mercato, come la ginestra, il pino e il mirto.\n\n\n\nI cosmetici avevano vari contenitori e quelli etruschi erano certo i più fantasiosi, in legno o bronzo, con le loro forme a ochetta, anche su rotelle. Una donna molto curata fu Larthia Seianti, vissuta nel II secolo a.C., il cui sarcofago in terracotta policroma fu rinvenuto a Chiusi. I suoi cari vollero fosse rappresentata semisdraiata sul coperchio, con le dita cariche di anelli e uno specchio in mano, come per controllare un’ultima volta il suo aspetto prima di entrare nell’oltretomba. Il suo corredo funebre comprendeva vari contenitori e strumenti in argento per uso cosmetico, tra cui un paio di pinzette, un minuscolo cucchiaino e un doppio pettine. I capelli non venivano solo acconciati con cura secondo la moda del periodo, ma anche tinti. Per scurire le chiome ingrigite dall’età si usavano composti di iperico, salvia, capelvenere e lenticchie. Ma le etrusche amavano molto sfoggiare le capigliature bionde o rosse che vediamo nelle pitture delle tombe di Tarquinia e per schiarirsi i capelli adoperavano feccia di aceto con olio di lentisco e succo di mela cotogna e ligustro.